Lettori fissi

mercoledì 12 maggio 2010

La Molla


FRANCESCO CARDILE
Libertario spirito di poeta

Avevamo voglia di scrivere qualcosa di questo personaggio: uno straordinario poeta e drammaturgo che, sinceramente, incuriosisce chi casualmente lo incontra, anche per quello spirito un po’ libertario che lascia trasparire il suo essere. Siamo stati agevolati nel momento in cui ci è capitato tra le mani un suo libro pubblicato nel marzo del 2001 “I giorni della memoria”, questo il titolo della raccolta di poesie, un volumetto già letto e riletto, ma avevamo dimenticato la sua dedica che tanto abbiamo gradito: “Andiamo avanti senza temere furor di nembi e vento di procelle… L’amicizia guida la rotta. (Franco Cardile). C’è sicuramente una data in cui, per la prima volta, ci siamo incon-trati. Saranno quindici anni o venti? non ha importanza: è importante che in tutto questo tempo siamo riusciti insieme a fare tantissime cose buone. Una valanga di ricordi ci viene addosso quasi non sapremmo da dove incominciare se non fosse che il tempo è scandito in date e le testimonianze scritte sono state ben conservate. Le nostre idee sono state sempre combacianti ed è bastato elaborarle perché diventassero realizzabili. Ricordiamo con piacere le tante sedute davanti al caminetto, là dove, mentre la fiamma divoratrice del ceppo incandescente e scoppiettante disegnava i suoi alti e bassi, è nata l’idea di mettere in scena la storia della vita del musicista-patriota barcellonese della prima metà dell’800 Placido Mandanici. Abbiamo ragione di credere che senza Franco Cardile non avremmo potuto mettere in scena quel dramma tanto importante per la cultura di Barcellona Pozzo di Gotto, anche se la stessa città non ha saputo approfittare per dare un seguito. Moltissime sono state le manifestazioni di cultura organizzate assieme, dalle nostre Associazioni, “il Movimento per la Divulgazione Culturale e l’“Accademia delle arti” e “Messi-na Oggi” di cui egli è fondatore e Presidente. Proprio tantissime, mostre di pittura, convivi d’arte e cultura, recital di poesia, presentazione di libri o altro, e mai una serata d’onore dedicata a lui che tanto l’avrebbe meritato, ma non è detto che gli amici non abbiano in serbo qualcosa d’importante da dedicargli in un imminente futuro. Ricordiamo come la parte di Placido Mandanici sia stata scritta su misura per lui che l’ha interpretata magistralmente, lasciandosi dirigere pazientemente e con grande umiltà dal regista Franco Gangemi; una parte molto difficile come tutto il lavoro, d’altro canto, ma lui è riuscito dove solo i grandi attori possono riuscire, commovendosi e facendo commuovere la platea. Fa piacere ed è consolatorio sapere di poter contare su un amico come quest’uomo; a volte può sembrare malinconico, ma spesso si fa carico dei problemi degli amici ed è d’incoraggiamento, di sostegno nei momenti di bisogno. Franco Cardile è poeta proprio nell’anima e le sue parole sanno di bisturi che taglia pezzi di umanità, di società e la proietta nel sub-lime mentre ignora o disprezza il resto ovvero chi, a qualunque cos-to, vuole apparire ignorando volutamente la propria miseria, la propria meschinità e sconosce la speranza nel divenire, nello sviluppo, nell’evoluzione positiva dell’animo umano. Abbiamo avuto modo di scrutare dentro l’uomo e abbiamo modo di apprezzare la sua severità, la sua bontà, il suo altruismo e anche le sue impennate di orgoglio, le sue esplosioni di ira nei confronti di esseri arroganti perché irraggiungibili come i detentori del potere materiale che possono decidere della vita e della morte d’interi po-poli. Non possiamo dimenticare un verso di una sua poesia ancora inedita: “M’importa un cazzo delle Torri Gemelle…” . Detto così non potrebbe sembrare meno di una volgarità, ma in questo verso vi è tutto l’amore, l’empatia per tanta gente affamata, sfruttata, massac-rata o sperduta, dimenticata dalla pietà dei potenti che costruiscono gabbie dorate e sicure per sé e per i propri averi ignorando qualsiasi esortazione evangelica. Alla fin fine, Francesco Cardile, conscio di essere un poeta dichia-ra come, pur nella sofferenza, nella delusione trovi nella poesia l’unica sua salvazione dalle miserie della vita. “Essere un poeta” è la poesia individuata in cui egli si confessa: È sofferenza essere un poeta: / ricordare luoghi dell’amore, / par-lare con le ombre del tempo / presente, in chiaro scuri irreali,/ confondere con il passato, / e con le ore del futuro. / È strano essere un poeta. / Costruire con fili di follia / castelli di fragile cristallo, / cantare teneri versi appassionati, / distruggere con sottile cattiveria / ogni cosa con una poesia. / Che bello essere un poeta. / Creare con le parole, come piace, / la vita e il mondo in un giuoco / che non ha mai fine, dove esiste / solo la fantasia. / È bello essere un poeta. Sì è bello essere un poeta e percorrere lo spazio vitale come egli fa, con quell’anima di fanciullo innamorato che non disdegna di as-coltare e meditare sul “canto lontano delle sirene”. È bello essere poeta, anche quando si è portati a considerare il giorno “già passato, ormai perduto nel tempo, con sogni e desideri”. Ma certamente ciò non è che la traccia di un normale passaggio della malinconia, quella che a volte attende in agguato per cercare di sopraffarci e che la sensibilità del poeta non può non registrare; così come la quercia non rimane impassibile all’impeto del vento. Franco Cardile è, in verità, una quercia dalle braccia enormi come sanno essere quelli di un amico dall’animo forte e confortante che, per amicizia, è sempre pronto a prendere di petto nuove prove e difficili avventure pur non sapendo, a volte, dove queste possano portare. Comunque, chi gli vuol bene sa che se dovesse incombere tempesta, qualunque possa essere la sua entità, egli saprà reggere il timone e mantenere la rotta per portare la nave al sicuro. (Giuseppe Messina)

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