Lettori fissi

mercoledì 12 maggio 2010

Poesie

LA VECCHIA FILAVA

La, in quel cortile

di casa rurale,

dopo aver cenato

un pasto frugale,

filava la lana

la vecchia signora.

Giungeva la sera

e a tarda ora,

nei mesi più caldi,

lei raccontava;

sembrava una maga

da come incantava.

Raccontava fiabe

dell'acqua e l'arsura

e della sua vita,

estreme avventura.

Per noi scolari,

quella narrazione,

era ciò che è oggi

la televisione,

con la differenza

che quell'avventura

era educativa

e non spazzatura.




TRA UN SOGNO E L'ALTRO, MILAZZO E DINTORNI


Tra un sogno e l'altro un colpo di vento

porta il motivo d'un nero concerto,

tanto da sradicare un sentimento

il cui vigore è sempre più incerto.

Vedevo il lido e la sua battigia,

limpida onda crestata di spuma;

vedo catrame sulla sabbia grigia

e il veleno dal tubo che fuma.

La fortezza che Garibaldi prese

e le città attorno, storia vera,

continuano ad essere offese

dal cancro che suona triste tastiera!




VERSO I MARGINI OMBROSI


Angosce galoppanti;

compiti non espletati;

sospiri aperti sull’insofferenza,

sopra sfondi limitati.

Tramonti inseguitori

di albe soccombenti

nel vento gelido dei ricordi

di antichi giorni fioriti,

d’allegria colorata

dai pennelli della volontà,

trascinano nello sconforto,

nella tristezza mai messa in conto.

L’assenza dell’essenza

di prospettiva spinge

verso margini ombrosi

racchiuse dall’eterno.



POSSENTE E DELICATO



Piantina delicata,

profumo inebriante

che attrae a sorpresa

e avvolge in un istante.



E’ l’artiglio possente

che agisce d’improvviso

e lascia il suo segno

nel portare un sorriso.



Se tu lo stai cercando

è lui che ti trova;

quando non te l’aspetti

avrai la controprova.



Per chi si sente al buio

una luce si accende,

qualcuno si avvicina

e la mano ti tende.



D’alto rango elemento,

immenso e delicato,

pour essendo l’amore,

è spesso calpestato.



La pietra disprezzata,

sarà grande esemplare

perché sarà lei scelta

per colonna templare.




RICORDO L'ALBA, MA HO VISTO GUERRE...



Ricordo l’alba che mi ha portato

la viva luce che fa palpitare,

ma, nel vedere il futuro offuscato,

lo spavento mi ha fatto dirottare.



L’addio bugiardo ho pronunciato a stento

e poi ho cavalcato l’avventura.

Ho sopportato il più freddo vento,

l’angoscia grave e anche l’arsura.



Ho visto guerre, orribili macelli,

capi di stato possenti assassini

ed innocenti chiusi dai cancelli,

sebbene un mondo ormai senza confini.



Ho visto correre nella follia,

tanti, seguendo la stessa cometa,

tutti, ciascuno per la propria via,

tutti, sognando una sola meta.



Adesso, che lo spazio temporale

non so se infinito o annullato,

sono colpito da unico male

che inutilmente porta nel passato.



L’alba di un tempo non potrà tornare,

però la luce rimane la stessa

quando m’inoltro oltre il sognare

e l’anima ascolto che confessa.



Privilegiato, adesso, mi sento

perché mi accorgo che ancora la luce

porta calore, spazza il freddo vento

ed oltre l’avventura mi conduce.



LA STORIA INSEGNA


Non ci sono confini

tra passato e presente

la storia lo insegna:

non è cambiato niente.



La storia, una inutile materia,

e i grandi del passato giunti a noi

coperti tutti della grande gloria,

hanno versato idee in orinatoi.



Il Socrate, il Platone, il nostro Dante

Hanno lanciato parole nel vento,

eppure avevano voce tonante

e han detto cose che fanno spavento.



Giunse dal Gange la voce di Gandhi;

di altri luoghi pur voci sognanti

che, sebbene la storia fa grandi,

poi sono ignorati tra i tanti.



Così il mondo va alla deriva;

l’onda possente giunge sulla sponda,

carpisce, di ogni bene ci priva

e le più buone idee affonda.



Rimane, come sempre, l’“io” e il “mio,

rimane l’interesse di qualcuno”

che è convinto d’essere un dio,

ma che tra i mortali è il più meschino.




Vergini d’oggi, madri di domani,

ragazzi tutti, ancora studenti

con nella mente i pensieri più strani,

pensate che sarete voi i docenti.

Saprà, domani, chi oggi impara

e spenderà chi avrà guadagnato:

la medicina è quasi sempre amara,

però la vita vi avrà salvato.




BALLATA DELL'ORCHIDEA



Questi versi, persi e ritrovati, credo siano stati scritti durante il servizio militare o, comunque nella seconda metà degli anni sessanta.



Bella Orchidea, esotico fiore,

stava seduta davanti la porta,

palme intrecciava per intere ore

ed indossava la gonna più corta.



Gambe scoperte, seni debordanti,

contro qualsiasi ipocrisia,

attirava gli sguardi dei passanti

stimolando la loro fantasia.



Se passava un giovane attraente

lanciava lampi dagli occhi felini

e lo calamitava facilmente,

scandalizzando sempre i vicini.



Le donne la tenevano lontano,

e la sparlavano per lunghe ore,

considerandola elemento strano,

colpevole di regalare amore.



Nessuno disse mai d’aver pagato

Ciò che da Orchidea aveva avuto,

anzi le era veramente grato

per avere di quel corpo goduto.



Poi, un giorno, un giovane maligno,

considerato da tutti avvenente,

come tra i tacchini un vero cigno

tentò di possederla inutilmente.



Orchidea gli fece il gran rifiuto,

e il maligno sentendosi offeso,

a tarda sera, come un orco bruto,

la strangolò. Questo quanto s’è appreso.



In pompa magna avvenne il funerale;

tanti uomini facevano l’inchino

ad Orchidea, balsamo speciale,

mentre era in prigione l’assassino.



LA MIA ARMA

Tengo in mano un’arma pesante

dal fine tratto, ma l’esplosione

può essere, a volte, eclatante,

specialmente se crea l’emozione.



Ha un fruscio quasi silenzioso,

preferisco averla sempre appresso

e, nel sembrare svanito ozioso,

la uso come sto facendo adesso.



Un’arma semplice e mai illegale,

non versa sangue, ma può causare

anche sconvolgimento epocale

che col grande sapere ha a che fare.



Quando fossi solo, abbandonato,

su un’isola deserta, triste e stanco,

non potrei essere vinto, scoraggiato

se avessi la mia arma e un foglio bianco.


AL MAESTRO MONICELLI


Adesso, Mario, a ribalta spenta,

quando in pochi parlano d’un mito,

io parlo a te perché qualche altro senta

e prenda questa idea come invito.

Maestro, la tua ultima lezione

si aggiunge ad altri che abbiamo appreso;

hai fatto valere la tua intenzione:

per te libera scelta hai preteso.

Mario, quel tuo gesto plateale

è un monito, un’indicazione

che non ha niente di materiale

come pensa l’ingenua opinione.

Parlano i parassiti dagli scanni,

legiferanti indegni prigionieri

di regole dogmatiche, inganni

d’egemonizzatori di pensieri.

Intanto soffre chi ha sofferenza

e nello strazio c'è chi si consuma;

mentre impera la legge dell'assenza

goccia dopo goccia la avita sfuma




QUI DOVE NACQUE IL MITO UNIVERSALE



Qui dove le mosche sono feroci

ed ogni cosa per loro è escremento,

qui dove il parassita impianta croci

e le speranze se li porta il vento;



qui dove abbondano il sole e le sponde

e c’è solo libertà di sognare

vivo sbattuto tra possenti onde,

ma non sono disposto a sopportare.



Qui dove nacque il mito universale,

il mito di Persephone e Demetra

non c’è più la purezza originale

perché corrotta da cuori di pietra.



Alle farfalle hanno tagliato le ali

e gli avvoltoi sono aquile adesso,

come risulta da falsi verbali,

ma posso sempre credere in me stesso.




QUESTA E' L'ITALIA DEL RINASCIMENTO E DELL'UMANESIMO?


C’è una terra di cui posso dire

che è la mia terra e mi sento onorato,

una terra con tanto da scoprire

della quale mi sono innamorato,



Questa è l’Italia del Rinascimento,

dell’Umanesimo che ho ereditato,

ma vedo l’attuale oscuramento

dentro il quale mi sento proiettato.



Vi è un parlamento mai eletto

tra cui tanta gente poco degna,

che sarà messa da parte mi aspetto

perché solo d’ingordigia è pregna.



Mi guardo intorno e, da quello che vedo,

penso i Padri, tanto illuminati,

di questa bella Italia e quindi credo

che sarebbero troppo nauseati.



Patria tanto cercata e trovata,

anche a prezzo di sangue innocente,

oggi è offesa, ferita, umiliata

da chi conduce il gioco vilmente.



Il tempo, guaritore d’ogni male,

conduce, in fine, tutti ad una soglia,

e questa regola per tutti vale,

anche per chi di creder non ha voglia.



Davanti al palazzo del comando,

sopra uno striscione, scriveranno

quello che sarà un pubblico bando:

“L’ingannatore ha qui il suo scanno,



da qui la nazione ha tanto offeso

imponendo affaristi e prostitute.

Dove la dignità ha avuto peso

lui organizza squallide sedute”.



E' TUTTO VERO

Sul mare azzurro vedo dal balcone

una vela bianca spinta dal vento

quando nella mia mente vi è un tifone

che mi sconvolge e a vivere stento.

Lo sfondo eoliano nel tramonto

porta tepori di un tempo lontano;

astrattamente sarei anche pronto

a volar via, ma è tutto vano.

Mi resta ancora un verso da versare

per colorire qualche spazio nero

e il tentativo di poter cullare

un sogno testimone del mistero.





UN LAMPO NELLA NOTTE

E' sorprendente il lampo nella notte;

in tale abaglio ho trovato la strada.

C'è poi il buio che il lampo inghiotte

e c'è chi spera che qualcosa accada.



A volte accade ciò che non pensavi

e giunge come un fulmine a schiarire

occhi sognanti quando non speravi,

versi del cuore che fanno capire.



Capisco come il tempo mi riporta,

da un passato forse mai sopito,

la poesia dell'anima assorta

che induce a bere, ed io accetto l'invito.


LA VERITA' NON HA LA SPADA


Socrate prosegue nel suo cammino,

lentamente s'inoltra tra la gente

ed io a seguirlo mi ostino,

perché son certo che egli non mente.

la verità, da millenni, diffonde;

ovunque ha lasciato le sue tracce,

per aria, terra e anche sulle onde,

dopo la morte seguita a minacce.

lo vidi un giorno, calmo passeggiare,

sopra la linea dell'orizzonte;

fui deciso, lo volli incontrare

e subito me lo trovai di fronte.

Sembrava un cencioso mendicante,

ma luminoso, disinteressato

della vita terrena, incurante,

ma di cose immortali affamato.

Mi contagiarono le sue parole,

m'illuminarono, ma di pi più all'interno;

ogni frase un faro e tutte un sole:

il contenuto, parte dell'eterno.

La verità - mi disse - non ha spada,

ed io l'ho voluto divulgare,

ma incontrerai tanti sulla strada

che la vorranno sempre assassinare.


BALLATA PE L'AMICO INFAME

Segue "Senza ripensamenti e né rimorsi"


Con massima certezza si può dire:

c’è chi non ha mai visto una tempesta,

che in mare calmo s’è visto partire

e al ritorno accolto con gran festa.

Cresciuto come fosse il messia,

nutrito d’arroganza e d’egoismo

all’ombra di una sola teologia,

sguazza sempre nell’altrui buonismo.

Ingrato e superbo di struttura,

come se tutto gli fosse dovuto,

per sua fede e sua cultura,

approda e razzia in un minuto.

Tutto quello che dici lo avalla;

del tuo stesso prestigio egli ha fame,

lo trovi spesso accostato alla spalla,

non pensi sia l’amico infame.

Penso ad uno, per semplificare,

ma certamente è come se parlassi

di chi il male lo sa incarnare

da quando muoveva i primi passi.

Asso d’infamità, anima immonda;

tutt’altro che il sospetto insinuante:

scrutando attento ciò che mi circonda

ho colto in fallo il maleodorante.

Freddo anche il sorriso, come un ghigno,

schivo, e se portato a ragionare

ne viene fuori, in fine, il maligno:

uno che tutti cerca d’infamare.

Sorvola solo perché è un incapace

e sfugge come il fumo tra le dita,

trama nell’ombra e parla di pace;

ama se stesso, disprezza la vita.

Afferra tutto ciò che gli conviene;

è sorprendente ogni sua sortita.

Scivolosa anguilla, la bandiera tiene

di una squallida egoista vita.

È senza dignità, falso, spergiuro,

semina fango e vuol raccoglier frutto;

vento cangiante, è sempre insicuro,

nulla ha dato e vuol donato tutto.

Perde chi a lui si vuole affidare;

è l’invidioso che mai riposa,

se tutto piglia ha da lamentare:

crede che ancora gli manchi qualcosa.

Però adesso non gli manca niente;

l’essere infame gli ha guadagnato,

senza avere affaticato la mente,

di essere da me immortalato.

Ma sappia adesso chi sa infamare,

che se vul essere riconosciuto,

dovrà pubblicamente confessare.

L’infame, questa volta, resta muto

o si rivelerà infamatore?

Si dia da se stesso la risposta:

vuol rimanere nell’anonimato?

La mia è solamente una proposta.

Non vi era la tempesta tra le onde

quando il mio cuore era un gabbiano,

volava alto tra le tante sponde

fino a giungere sempre più lontano.

Spesso il pensiero ogni confine varca:

le vele spiegate e il vento in poppa,

però sembrava lenta la mia barca,

forse la tentazione era troppa.

Avrei sfidato orizzonti ignoti,

verso il paradiso assoluto,

confidando solo nelle mie doti,

eppure sono stato trattenuto

da questa mia terra sul Longano,

l’antico fiume quasi inaridito,

dove sarei considerato strano,

ma non potrei dirmi mai pentito.

Qui non potrei mai navigare

se non dentro i sogni e col pensiero,

ma ho deciso io di restare

e adesso non posso che esser fiero.

Di qui passa lontano la cultura,

ma c’è cemento e tanto catrame

e sembra nera la vita futura;

c’è in compenso qualche amico infame.

Da lontano non sembra abbia difetti;

potrei farne un ritratto preciso

io non credevo eppure, in effetti

ha il coraggio di guardarmi in viso.

Se lo fisso negli occhi, il bastardo,

per evitarmi, com’è sua natura,

lesto, vigliacco abbassa lo sguardo

come vedesse la sua sventura.

Purtroppo non è il solo elemento,

ma se volessi i tanti elencare,

altro che ore, basta un momento:

sono uguali nell’arte d’infamare!

Chi è infame è sempre un ingrato

e autore di mostruose trame.

Pensa di essere perseguitato

dalla sfortuna, dalla nera fame.

S’inventa nemici senza motivo

e augura loro solo morte.

Ecco l’amico subdolo, cattivo

che crede tanto nella malasorte.

Tutto carpisce con gli occhi e la mente,

parola rozza e di grazia privo;

falso bugiardo e impenitente,

ridicolo, si atteggia come un divo.

Sospetto che nell’ora del trapasso,

trovandosi di fronte al padreterno,

freddo, com’è impassibile un sasso,

nel vedersi condannare all’inferno,

certo riuscirà anche a mentire

tenendo tra le mani la corona.

Forse dirà, perché tale è il suo agire:

“Signore qui c’è scambio di persona”


SENZA RIMORSI E NE' RIPENSAMENTI

Segue "Spero che a qualcuno possa servire"


- DECIMA PARTE -


Senza rimorsi e né ripensamenti

fino adesso ho giocato la partita

sfidando la censura, gli elementi

che hanno intralciato la mia vita.

Ricordo che con forza hanno tentato

di contrastare il mio percorso,

di sminuire il mio operato,

e ancora non provano rimorso.

Il ciarlatano che fa il guaritore

è interessato sempre a divulgare

che non esiste medico migliore,

se lui non riesce a curare.

L’infame non sopporta esser secondo;

chi non può “essere”, quindi è cosciente,

e allora vuole “avere” perché, in fondo,

l’“avere” di apparire gli consente.

Così va il mondo: “essere” per fare;

“avere” per “potere”, “dire”, “apparire”

Senza umiltà e la bontà di “dare”;

solo superbia per farsi servire.

Lente nuvole vedo attraversare

l’alta calotta azzurra, infinita,

e ciò, in verità, mi fa pensare

che Cronos è padrone della vita.

Usa, per ciascuno, un metro diverso

per chi va lento e per chi va veloce,

per chi lungo la strada si è perso

e grida, chiede aiuto ad alta voce.

Se chiedi aiuto, il tempo scorre lento;

il soccorso sembra non arrivare,

però è lungo soltanto un momento

la stagione che ti ha fatto sognare.

Comunque sia ho sempre onorato

la verità e la mia coscienza,

tra gli amici, ovunque sono stato,

e ho trasmesso la mia esperienza.

L’amico infame nulla ha potuto

con tutta la discordia seminata,

ma ora che quasi tutto è compiuto

anche quell’acqua putrida è passata.

Rimane solo ciò che è importante,

rimane sempre la stella polare

molto al di sopra del vile contante

che non è vero che tutto può dare.

Restano amici e le persone care,

restano gli affetti più sinceri;

rimango io che ancora posso dare

ciò che mi conferisce più poteri:

tanto fulgore non si può comprare,

è canto dolce contro ogni grigiore,

ognuno, se vuole, lo può imparare;

è molto raro e si chiama amore.

........................(Giuseppe Messina)







SPERO CHE A QUALCUNO POSSA SERVIRE

Segue "Spero non sia polvere di vento"


- NONA PARTE -


Spero che a qualcuno possa servire

la verità di chi non ha paura,

che di rancori non ne vuol sentire,

ma sfida, come sempre, la congiura.

Non vi è un freno che possa impedire

il mio racconto, le mie riflessioni;

la libertà mi spinge e mi fa dire

che per il sole non ci son prigioni.

È proprio il sole che esce dalla notte,

illumina e permette il mio cammino,

le mie facoltà mai ridotte

e i ricordi di un vecchio bambino.

Memoria persa e poi ritrovata,

chissà per quale inconscio prodigio:

tutta è presente la vita passata,

ogni attimo brillante oppure grigio.

Se tanta gente avesse praticato

chi non intreccia solo tristi trame

non avremmo di certo incontrato

il vile sazio e l’amico infame.

Questi, mai videro un momento nero,

mai sentirono la gran fatica;

mai neppure un timido pensiero

per chi non sa di pane, ma di ortica.

Su tutto ciò rifletto e ad altro penso,

a volte stanco e un poco appannato,

quindi mi chiedo se può avere senso

andare scalzi sopra un verde prato…

Che senso ha stare ad ascoltare

chi dice che occorre più saggezza,

quando non ha esempi da fare,

ma fa aumentare l’amarezza?

Ho invitato e invito a sostare,

a porre fine alla folle corsa;

sarebbe giusto stare a meditare

su come viene meno ogni risorsa…

Qualcuno ha voluto ascoltare,

e ha compreso che non ero astratto,

ma più d’uno che ho messo sull’altare c

ontro di me miracoli ha fatto.

Intanto tiro dritto, vado avanti,

oltre ingratitudine e follia,

oltre il sordo che pensa ai contanti,

sorretto da un’unica mania.

Giù, sono, in fondo le tante sirene

e la gran folla corre follemente;

qualcuno pensa che ciò non conviene,

ma gli altri sembrano fuori di mente.

Vorrei dire addio all’avventura,

eviterei il solito raduno;

concluderei l’ultima stesura,

però spero ancora in quel qualcuno.

...........................(Giuseppe Messina)







SPERO NON SIA POLVERE NEL VENTO

(Segue "Vorrei volare indietro lontano"


- OTTAVA PARTE -


Lacrimano le ore

consumando il presente

che si va a versare

nel grande recipiente:

il tempo infinito dove tutto

svanisce e la storia nel mito,

quasi sempre confluisce.

Nel frangente attuale,

tra il verso e la rima,

quel che conta, che vale

non è calcolo o stima;

torna un vecchio ricordo

che risveglia il presente

con il quale concordo

perché so che non mente.

Ripeteva una benigna voce

quanto è maligna l’umana ingordigia;

parlava forte all’ombra della croce,

dei tanti vizi e della cupidigia:

versi ingannevoli e falso poeta

stracolmi di sterili sentimenti

per conquistare la propria meta,

azzerando la fatica e gli stenti.

La poesia, qualunque altra arte,

nascente da impegno spirituale

è da intendersi unica parte

che non può avere interesse venale.

Canto elevato dell’anima mia,

spesso tristezza dal senso nascosto,

pulsare del cuore, viva poesia,

alla metafora è sottoposto.

Pur l’arte colorata, delicata,

che prende forma e crea elementi,

certo può essere magnificata

s’è frutto di sinceri sentimenti.

Gioia dell’anime è veder formare,

di un pensiero, il senso compiuto;

un verso dolce che si può cantare

oppure altro artistico tributo.

E penso giusto queste mie mani

spesso appesantite dal mazzuolo,

tanto da rinviare all’indomani

l’intenso operare da pignolo.

Bronzo, pietra oppure dipinto

non ha importanza purché l’espressione

nasca da chi sarà sempre convinto

che non è egoistica creazione.

Acqua sorgente da limpida fonte,

porto del cuore e della mente, amato

faro possente che si ergedi fronte

e non potrà mai essere ignorato.

Intanto si consumano le ore;

tutto si dissolve, gli anni, la vita

nel mare del tempo gran contenitore,

trionfatore di ogni partita.

Ma credo che non tutto sarà perso;

non c’è tempo e neppure alcun vento

che possa spazzar via l’arte, il verso,

la creazione d’un dato momento.

Se il sublime esiste veramente

eleverà quest’operato umano,

lo imprimerà nel cuore, nella mente

per essere trasportato lontano.

Sarà memoria e testimonianza,

sarà di certo presenza puntuale,

sarà perciò, per pura conseguenza,

parte dell’uomo che resta immortale.

Nulla ha offuscato il mitico poeta,

sfuggito al tempo, immenso buco nero,

guardato ancora come un profeta,

il cieco Omero fulgido pensiero.

Tutto ciò che rimane è poesia;

l’essere umano è evanescente,

ma l’opera più grande che ci sia

lo rende sempre un essere presente.

È certezza che non si può obliare,

egli è il centro d’un grande universo,

aquila che su tutti può volare;

millenni ha attraversato e non s’è perso.

Imprevedibile è spesso la vita

che può esser racchiusa in un pensiero

partendo da un’immagine scolpita

che a rivelarla non è più un mistero.

È un fulgido ricordo ispiratore

che mi conduce ancora per mano

dopo tant’anni che lo tengo in cuore

perché sapevo che non sarà vano.

Questo percorso mi ha riportato

in equilibrio a saltare sui versi,

qualche volta trattenendo il fiato,

scoprendo i tanti momenti persi.

Chissà se potrà servire a qualcuno

il meditare di un’anima errante

in questo mondo armai digiuno

di riflessione, ma tanto arrogante?

Spero non sia polvere nel vento

che vada a confluire in altro sciame;

spero si fermi qualcuno un momento;

meglio se fosse quell’amico infame.

Penso, e non mi resta che pensare

in questo istante in cui constato,

quando ogni altro gioca a sorpassare,

di non sentirmi affatto umiliato.

.........................(Giuseppe Messina)






VORREI VOLARE INDIETRO LONTANO
Segue "Le fronde marce e i petali di rosa"

- SETTIMA PARTE -

Vorrei volare indietro, lontano,
nel tempo dove è tutto da scoprire,
volare come fossi un gabbiano
senza sapere cosa sia il soffrire.

Purtroppo mi tocca saltare
da un campo di depressione
al compito da espletare,
che sembra un’ossessione.

Avrei voluto
concludere tutto
senz’alto tributo,
restando all’asciutto,

invece ho pagato
con troppi interessi
ciò che ho gustato
senza mai eccessi,

con l’impressione
di avere goduto
di tante occasioni
che invece ho perduto.

Ma il desiderio è come la speranza:
spesso non può dipendere da noi,
infatti ripensandoci, in sostanza,
il preventivo mai è esatto poi.

La vita, a volte, riserva sorprese,
ne ho avuto tante ultimamente.
In verità non ho troppe pretese;
solo qualche progetto avevo in mente.

Sono convinto che più vado avanti
più mi verrà imposto a misurare
dispiaceri, imprevisti, rimpianti
sui volti di chi non potrà sognare.

Luoghi di sofferenza ho visitato,
ho visto tanta gente umiliata
dal proprio male e da chi è sempre stato
soltanto in corsia agevolata.

Visi scarniti, tristi, sofferenti
entrati con la speranza nel cuore,
usciti, poche volte sorridenti,
salvati più che altro dall’amore.


Ciò mi pare dato dall’evidenza
quando vorrei non sapere niente
del fatto che non ricerca la scienza,
che spesso è in viaggio a luci spente.

Intanto corrono i politicanti
facenti parte dei privilegiati
che senza far fila passano avanti
lasciando indietro i malcapitati.

Sono sordi diversi governanti,
quest’immortali, eterni disumani,
leggeri attori, stipendi pesanti,
perché hanno i poteri tra le mani.

Spesso, purtroppo, a sentirli parlare
sembrano delle torbide sorgenti,
acqua di cui non ci si può fidare,
che d’altrui male sono indifferenti.

Il mio costante affermare,
di certo non è leggerezza,
neppure uno stagno, ma un mare:
vento di tempesta, non brezza.

Anche se non sono un asceta
è vero tutto ciò che dico;
mi è stato maestro un profeta,
docente e sincero amico.

Decenni e decenni passati
mi sembra siano serviti
a farci invecchiare ingessati:

non siamo affatto riusciti
a cambiare marcia al motore;
come inerti sassi scolpiti.

Cambia casacca l’attore
per poi tornare in scena
per suo grande disonore
di cui non si può aver pena.

Nè un lampo e neppure dei barlumi
che potessero un poco illuminare
la rotta per nuovi usi e costumi
su questa nave prima d’affondare.

Mi piacerebbe davvero volare
in una dimensione irreale,
purtroppo sono qui a meditare
sull’uomo e l’origine del male.
.....................(Giuseppe Messina)





LE FRONDE MARCE E I PETALI DI ROSA
(Segue "Mastico amaro nel guardarmi intorno")

- SESTA PARTE -

Ho navigato sempre stando accorto
fin dalla mia lontana primavera,
ora che sono giunto quasi in porto
ripenso l’alba quando è già sera.

Riascolto adesso le corde consunte
di un vecchio strumento intonato
quando le verità solo presunte
sono prerogative dell’ingrato.

Meglio ascoltare le note di dentro,
seguire sogni antichi e visioni
su cui oramai mi concentro.
Conigli scopro in veste di leoni.

Vergogna provo per l’indegno vile
che ha tradito il benefattore
ostentando un aspetto civile
e simulando come fa un attore.

Vedo anche questo se mi guardo intorno:
un’esistenza misera, stentata,
adesso sulla via senza ritorno
con l’anima di belva scatenata.

Se stessa sbranerà, però, la fiera
per espiare il suo tradimento,
dopo aver sperperato la miniera
che aveva avuto in affidamento.

Un tesoro gli era stato affidato,
ma la belva, smarrita la coscienza,
ha in proprio ostentato e scialacquato
alle spalle di chi è in sofferenza.

Quando va in letargo la ragione
si entra in un antro surreale
dove soltanto il “MIO” è cognizione,
dove ogni uomo è feroce animale.

Son qui, al sicuro dalle tentazioni,
tra un verso e una nota musicale,
all’ombra delle mie riflessioni,
lontano da ogni cosa venale.

Solo così mi salvo dal disgusto
che viene da un vortice sociale
in cui a soccombere è il giusto
l’unico col peccato veniale.


Annoto lampi di quiete e tempesta,
un po’ in disparte e ad occhi chiusi,
seguendo chi desidera una festa
e chi continua con i suoi abusi.

Sebbene il crepuscolo è vicino,
bere vorrei quell’acqua sorgente
sotto il cielo limpido, azzurrino
della mia primavera chiusa in mente.

Vorrei volare indietro, lontano,
dove l’inganno mi era sconosciuto,
dormire sopra il palmo della mano
tanto da apparire sordomuto.

Purtroppo mi ripassano davanti
le fronde marce e i petali di rosa
mentre scruto la vita in pochi istanti,
mentre separo il verso dalla prosa.
.........................(Giuseppe Messina)





MASTICO AMARO NEL GUARDARMI INTORNO
(Segue "Il tempo delle riflessioni")

QUINTA PARTE -

Non sazio, tento ancor di proseguire,
percorro il più faticoso pendio;
ad una domanda non posso sfuggire
intanto che lentamente mi avvio.

Vorrei sapere se chi fa il pastore
si rende conto dove porta il gregge,
se è capace di fare il conduttore
oppure intende imporsi per legge.

Mastico amaro nel guardarmi intorno,
non so se con più sdegno o compassione,
ma so che prima o poi verrà il giorno
che i giusti entreranno in azione.

Pagherà chi ha sventrato Demetra,
facendola soffrire nel suo sangue,
di certo lancerà la prima pietra
chi ha diritto a vivere, ma langue.

Sarà una pioggia fitta di sassate
per seppellire il grande disonore;
cadranno tra le anime dannate
coloro che sono privi di cuore.

Se non sarà così, io sto sognando;
e vincerà ancora il dittatore,
per colpa dei vili, fino a quando
gli alimenteranno il motore.

Di me , in futuro, si potrebbe dire
di essere stato troppo sognatore;
sì, sognatore, ma non so mentire,
anche se non sarò mai il migliore.

Però nessuno mi potrà impedire
di soddisfare la mia coscienza
o di parlare per potere dire
di essere contro ogni violenza.

Mi piace stare con chi è convinto
che l’uomo sta al di sopra di tutto
specie colui che non ha mai vinto,
che ha seminato senza coglier frutto.


Non m’interessa cosa può pensare
chi con me non può essere d’accordo,
voglio continuare a seminare
per chi non vuole rimanere sordo.

Sì, so che c’è chi merita la gogna,
ma m’interessa chi non vuol temere,
chi pensa come me e non ha vergogna,
chi ama essere anziché avere.

Ciò che bisogna avere, son convinto,
è certamente il senso del dovere,
la pietà per chi è stato vinto
e verso gli altri le buone maniere.

Sempre e comunque c’è da rispettare
Demetra generosa e sofferente;
non è una prostituta da sfruttare
a cui far pagare la tangente.

Rispetto, dunque, per la grande madre,
generosa fino alla sofferenza,
vittima d’ingorde coscienze ladre.
Spero non scateni la sua potenza.



Se un giorno, quando stufa di soffrire,
dovesse volere la sua vendetta,
sarebbe l’indifeso a subire;
costui, innocente, il male si aspetta.

Penso e di sperare non mi privo;
forse il meditare serve a niente,
comunque sogno per sentirmi vivo
anziché vegetare inutilmente.

Qualcuno adesso potrebbe pensare
che narro e ammonisco perché vecchio;
quel che si è non lo si può negare,
anche perché me lo dice lo specchio.

Certo, qualche altro potrebbe pensare
che provi gusto a fare il mio racconto,
ma mi piace soltanto far notare
che a concluder l’opera son pronto.

Non ho mai temuto d’invecchiare,
ho avuto paura di non capire
qual è il giusto tempo per seminare
per chi ha voglia di stare a sentire.
.........................(Giuseppe Messina)



IL TEMPO DELLE RIFLESSIONI
(Segue "Giungeva il Maggio Francese"

QUARTA PARTE

Gli sguardi son lontani, sofferenti,
i visi sono dal tempo segnati,
a volte riaffiorano i pentimenti
negli occhi lampeggianti, emozionati.

Sì, son sguardi lontani sofferenti,
ma niente nessuno potrà cambiare,
anche se sono vivi i sentimenti.
A dato tratto bisogna andare.

Forse la decisione
è stata frettolosa,
forse la confusione,
la scusa pretestuosa…

ma cosa importa adesso,
ormai per noi conta
ciò che ci è concesso
dal tempo che tramonta.

Con un occhio al passato,
agli errori commessi,
sono indaffarato
nei nuovi processi

di una concezione
in cui le cose eterne
son unica ragione
in cui tutto concerne.

Ecco il tempo della riflessione:
pensare a ciò che ancora posso dare
quando non ho più l’anima in prigione,
là dove ho imparato a respirare.

Non sempre viene facile capire
quali sono le cose più importanti,
quali gli eventi a cui sfuggire
quando imprevisti si ergono davanti.

Nulla mi è stato mai regalato,
oltre l’affetto, quello più prezioso,
quello che ho è stato conquistato
tra un sogno e l’altro in mare in tempesta.

Sento che ancora fan capricci i flutti
su cui emergono tanti ricordi,
di grandi errori e di buoni frutti,
note stonate e armoniosi accordi.

Solo, nelle notti di luna piena,
quando, ribelle, il sonno sfuggiva,
la mente mia vagava come aliena
mentre il cuore di pantera ruggiva.

L’umanità sconfitta camminava
sulle mie gambe mentre m’inseguiva
il monito di Gandhi che guidava,
lui, tanto mite che mai mentiva.

“Se eliminassimo l’ “IO” e il “MIO”
Da ciò in cui crediamo e amministriamo
Avremmo in terra il regno di Dio…”
Ma siamo egoisti e tutto vogliamo.

Siamo incapaci di porger la mano
A chi nulla ci offre o ci può dare;
da chi ha bisogno giriamo lontano,
anche da chi ci può soltanto amare.

Eppure l’uomo sa qual è il male,
però solo per sé pretende il bene;
negli occhi d’altri un pugno di sale
mentre segue il coro delle sirene.
.......................(Giuseppe Messina)





GIUNGEVA IL MAGGIO FRANCESE
(Segue "Racconto di un'alba vitale")

TERZA PARTE

Adesso potrei raccontare
la corsa, la grande fatica
nell’intento di attraversare
spazi bui dell’era antica.

Non so a chi potrebbe interessare
Il rendiconto delle mie avventure,
comunque mi piace rivangare
lontane stagioni di grandi arsure.

Guardavo i maestri, scrutavo,
volevo capire, sapere,
con occhi, orecchie rubavo.

Trascorrevo solo le sere;
sapevo che cosa bramavo
da tante lezioni sincere.

Ho avuto maestri di vita
Che mai potrei scordare
Finché durerà la partita
Che ho intrapreso a giocare.

Andavo veloce, correvo,
ma credevo di essere lento;
le strade, le piazze osservavo,
dovevo pur essere attento.

Giungeva il maggio francese,
portava il rinnovamento
e gente con strane pretese.

Nessuno aspettava un tal vento
Che spinse a bellicose imprese:
uno scoppio molto violento…

fu lì, in quel maggio inoltrato,
nella divina capitale,
in un pomeriggio incantato,
che avvenne l’incontro fatale.

Pupille-saette scoccate;
rimasi come folgorato:
un lampo, ormoni ad ondate
nell’attimo ormai fermato.

È breve la gioia infinita!...
Gli eventi improvvisi, gli stenti,
stravolgono spesso la vita.

Racconto senza pentimenti;
ho scelto la mia sortita
sfidando gli stessi elementi.

Ma il tempo rimescola, trita…
Chi poteva mai sospettare
che ancora la stessa partita
avrei dovuto giocare.
..............(Giuseppe Messina)




RACCONTO DI UN'ALBA VITALE
(Segue "Ricordo di un'alba vitale"

SECONDA PARTE

Pennelli d'artista, le dita,
dal tocco sempre delicato,
davano emozioni di vita.

Quel capolavoro inventato
al colmo di una partita
l'avevo anche incorniciato.

Pur nato come fosse un gioco;
c'era l'acqua, l'aria, la terra
e dell'amore ardente fuoco.

Calipso mi aveva rapito,
complice la mia passione,
ma vinse l'incanto del mito.

Ricordo ogni particolare
di quella più bella stagione
che non si potrà cancellare
nonostante Cronos padrone.

Sembrava si fosse fermato,
qual dono di Venere amica,
quell'arco di tempo incantato
sul sogno nell'isola antica.

Lì, noi, senza alcun rossore,
come esploratori attenti,
lucerna dell'immenso amore,
scoprivamo nuovi elementi.

Allora, in quell'insenatura,
tra il mare e la fitta boscaglia,
l'eterno accese la natura
non certo un fuoco di paglia.

Giù, sotto la volta del cielo,
ciascuno può prendere il volo,
il petalo lascia lo stelo,
un uomo si avvia da solo.

A volte il ricordo è appagante,
ma a volte può anche annientare;
Cronos ha atterrato il gigante
che forse non si può rialzare.

Adesso potrei raccontare,
nonostante il tempo passato,
per chi mi saprà ascoltare.

Ricordo che avevo lasciato
il certo, andando a cercare
l'incerto che mi ha incantato.

La ruota, intanto, girava;
scandiva e scandisce la vita,
e di tanto in tanto portava
la scena giammai sopita.

Riappare sovente, puntuale,
l'antica acqua di sorgente,
m'inonda, qual linfa vitale,
le membra, il cuore e la mente.
.....................(Giuseppe Messina)




RICORDO DI UN'ALBA VITALE

Il tempo ho visto passare,
feroce, lo sfregio ha tentato,
ma non potrà mai cancellare
l'amore, tutto ciò ch'è stato.

Agli occhi un ridente giardino
con frutti invitanti succosi;
l'eterno s'apriva, il divino
in tempi davvero gioiosi.

L'intensa bellezza d'un volto,
solare con gli occhi splendenti,
mi aveva persino stravolto.
Il bianco smagliante dei denti

rendeva il sorriso avvincente.
Il mare baciava la sabbia
con onde ritmate, lente;

lo specchio era naturale
di un'acqua così trasparente;
tutto mi sembrava speciale.

Il sole, al suo tramontare,
per noi era alba vitale
in cui poterci annullare.

Serata a fine primavera,
nel regno del dio dei Venti:
ruggiva vogliosa pantera.

La spiaggia di un'insenatura
cullava l'esploso mistero
della naturale avventura
che adesso non sembra più vero.

S'aprirono floride valli,
bevemmo fresc'acqua di fonte;
tra fiori bianchi, rossi e gialli
scalammo la vetta del monte.

Il flusso di sangue impetuoso,
qual getto di lava cocente,
magnificò l'atto armonioso,
un attimo ancora presente.
................(Giuseppe Messina)





CANTO TRISTEZZA, CANTO LO SQUALLORE


Canto tristezza, canto il disonore
e punto il dito come arma pesante;
non credo possa destare stupore
nell'indicare il potente arrogante.

L'indice accusatore è dritto e fermo
in direzione dell'"amico" infame
tanto maligno, e più non mi soffermo
poiché tanta è la puzza di letame.

Organico al sistema capitale,
sorriso abitualmente velenoso,
legato all'avere materiale,
ha l'anima da vero mafioso.

Ce n'è gente così, naturalmente;
madre natura, spesso generosa,
li butta a tradimento come niente
e chiude gli occhi ché guardar non osa.

Diversi sono al posto di comando
per fare gli interessi del potere,
ciò è successo e dura fino a quando
sull'"essere" prevarrà solo l'"avere".

Vedo il deperire dei valori,
il deteriorarsi di ogni bene antico
facenti parte dei veri tesori,
mentre sorride quell'infame amico.

Tutto si perde e va verso la fogna,
manca l'alto esempio docente,
per colpa di chi merita la gogna,
per colpa di chi è come fosse assente.

Canto tristezza, canto lo squallore
di chi pensa di essere eterno,
però dimostra d'esser senza cuore
e d'ignorare l'amore fraterno.

gridano in pochi, ma la gente è stanca
e dell'essenziale sente arsura
qui dove tutto, in verità, manca
oltre il segno di vera cultura.

Da tempo, il potere dominante,
ostacola le menti più eccellenti;
meglio andar via, fare l'emigrante,
anziché appassire tra i perdenti.

Ho visto acqua limpida di fonte,
fresca, ristoratrice, abbondante,
scendere giù dalla costa del monte,
perdersi in fogna in modo costante.

Genuina linfa di madre natura,
potrebbe essere certo raccolta
per quelle piante che soffrono arsura,
ma pur per questo serve una rivolta.

Rivolta, certamente, di pensiero
che son sicuro non potrò vedere
poiché mi avvio verso un punto nero
dove non serve a niente il grande avere.
..........................(Giuseppe Messina)







A MIO FIGLIO

Caro figlio, il tempo passa per tutti
e passerà, è certo, anche per te.
Ho vissuto lottando tra i flutti
e non ho mai pensato soltanto a me.

Adesso sono giunto a questo punto
so che non potrò vivere altrettanto.
Comunque voglio farti solo un sunto
Nonostante vorrei scriverti tanto.

Lo so t’avrei potuto parlare,
ma poiché volano le parole,
lascio ciò scritto e si può conservare
per rileggerlo poi, quando si vuole.

So che comincio ad apparirti vecchio
e trovi un po’ noioso quel che dico,
tutto lo fa pensare, anche lo specchio,
quando io sento che mi affatico.

Ti chiedo di avere un po’ pazienza,
io l’ho avuta quando t’insegnavo,
quando mettevo in te un po’ di semenza
di quel sapere che io conservavo.

Se parlo troppo e tutto ripeto,
non annoiarti; io pazientavo
quando tu piccolo eri irrequieto
ed io paziente ti accontentavo.

Tu non dormivi se non ripetevo
la favoletta che ti piaceva,
ed io ricominciavo e sorridevo
mentre sempre più tardi si faceva.

Ricordo che intanto che giocavi,
immerso nelle cose che facevi,
non ti rendevi conto e ti sporcavi;
io ti guardavo, ma non t’accorgevi.

Se un giorno, mentre mangio, mi vedrai
sbavare addosso un po’ di minestra,
spero tanta pazienza tu avrai
e scuserai la mano maldestra

ch'è diventata sempre più tremante.
Se stenterò a salire le scale
e avrò l’andatura barcollante,
vorrei trovare in modo naturale

il tuo braccio pronto, rassicurante.
Son certo che avrai la stessa cura
che ho avuto per te in ogni istante
quando la tua andatura era insicura.

Ricorda figlio, il tempo che guarisce
ogni ferita, anche quelle del cuore,
m’indica pure che per me finisce,
pertanto mi affido al tuo amore.

Spero tu sia forte a sopportare
i giorni in cui starò sempre più male,
spero avrai pazienza e vorrai stare
fino alla fine al mio capezzale.
..................(Giuseppe Messina)





Un corso d'acqua

questo mio Longano
che mi ha nutrito di storia e leggenda;
come potevo restare lontano
e raccontare la sua vicenda?

Ho imparato qui a fantasticare,
vedendo i sogni fiori colorati
innalzarsi al cielo e giganteggiare.
Purtroppo sto cantando tempi andati.

Oggi la volontà è tanto forte,
ma le giornate son sempre più corte...
.............................(Giuseppe Messina)








Quel buco nero risucchia il reale
e m'impedisce di andare avanti
oltre ciò che so essere virtuale,
ma in atto non intravedo varianti!






LAMENTO PER L'AMORE ASSASSINATO


Amore vilipeso, mio conforto,
costantemente in me tra cuore e mente,
bussola di me stesso e di ogni atto,
sapessi cosa ho visto di recente
in questo mondo che mi sembra matto...
Purtroppo tu non c'eri, eri assente!
Amore, sai, abbiamo oltrepassato
ogni confine, qualunque barriera.
Non sembra vero, ma ti ho cercato
fin dalla mia lontana primavera.
Sai che sono stato ad osservare
cosa succede fra le due sponde
di questo nostro fantastico mare,
tomba di sventurati tra le onde.
Amore, refrigerio nell’arsura,
ti ho cercato, ma tu eri assente;
sapessi la tempesta e la paura
negli occhi di quella povera gente
che, purtroppo, ha perso la speranza
prima di abbandonare anche la vita
nel misurare la grande distanza
tra sé e quella spiaggia tanto ambita.
Amore, tu che mi hai fatto stupire,
che, credo, fai girare l’universo,
che hai il potere di lenire
il male e rendere l’uomo diverso,
non hai potuto essere presente.
Tu, miracolosa fonte di vita,
non hai visto e sentito niente
di un’agonia che sembra infinita.
Per me sei energia, forza grande,
quale entità suprema, primordiale,
sei onda del cuore che si espande,
l’anima innalzi e la rendi immortale.
Amore mio, ti dedico un canto
mentre ti sto cercando sofferente,
di non sentirti più a me accanto
vorrei che fossi qui, ardentemente,
ma tu sei vittima dell’uomo ingordo;
non hai colpa, amore, sei innocente,
ed io finché vivrò non sarò sordo:
sarai ricordo vivo nella mente,
e ascolterò ancora la tua voce.
Non scorderò che mi hai tanto amato
e come Cristo sei finito in croce,
offeso, vilipeso, assassinato.
…………….(Giuseppe Messina)







E' cominciato presto il mio viaggio
sul filo di una lama di rasoio;
spero di avere sempre il coraggio
di combattere il vile avvoltoio.

Tappe di una vita indipendente
percorse a fatica e con gli stenti,
sempre correndo freneticamente,
ma mai contromano o a fari spenti.

A volte in equilibrio stentato,
mai perso o del tutto scoraggiato.
..........................(Giuseppe Messina)






ALL'AMICA ROBERTA


Chi dice che un uomo non si commuove
non è un uomo o sa di mentire,
oppure sconosce il perché e dove
si possa per se stessi o altri soffrire.

Ma c’è chi si commuove e non l’ammette.
Confesso che, appena di recente,
mi giunsero al cuor come saette
i versi di un’amica eccellente:

non c’è consolazione, né consiglio,
non c’è anima grande di cantore,
almeno che non abbia perso un figlio,
che possa mai narrare il suo dolore.
..............(Giuseppe Messina)




IN QUESTO MONDO DI ELEMENTI SPARSI

È il momento di un triste tramonto
in cui il sole pare andare a picco
sul mare, proprio nel punto in cui
sembra il confine con l’immenso cielo.
Sento il suono ritmato delle onde
che mi pare giochino ad inseguirsi
per andare a sfumare sulla sabbia.
Seduto, poi, rivolto ad occidente,
cerco di darela risposta giusta
alle domande che spesso mi pongo:
“Chissà se un giorno troverò me stesso
in questo mondo di elementi sparsi?”
“Mi piacerebbe sapere chi sono”.
La risposta che mi do è un po’ complessa,
ma non è complesso un essere umano?
Ed io non sono un essere umano?
Sì, son ciò che rimane di me stesso
dopo aver già vissuto maggior parte
della mia vita non certo eccellente.
Sono un contenitore di emozioni,
di esperienze, ma anche di errori
e d’immensa quantità d’ignoranza.
Sono un recipiente di debolezze,
nonostante abbia spesso frenato
gli istinti che mi hanno contrastato
che quasi hanno avuto il sopravvento.
Sono certo che mi ha molto giovato
il meditare, il guardare avanti
e il grande salto fatto nel passato,
per incontrare Socrate e Platone,
così come mi è servito, invero,
riascoltare l’antica canzone
del mitico poeta qual è Omero.
Sono stato curioso di sapere
e ho voluto spesso visitare
i siti della storia più antica
e pur le tombe della preistoria
di questo mio modesto comprensorio
che mi ha fatto conoscere il mito.
Ho meditato, molto ho meditato
in quei luoghi dove ho sentito
tutto ciò che mi ha accompagnato
e la presenza degli antichi avi.
Andando via ricordo la tristezza,
non solo mia, e la promessa fatta
a me stesso, mentre stringevo i denti,
di far ritorno sul suolo natale.
Oggi son qui e, sebbene canuto,
ripenso tutto e cerco di capire.
So che ogni uomo ha i suoi confini
Quantunque tante cose stia a sentire.
“Chissà se un giorno troverò me stesso?”
In tante occasiono mi son chiesto,
ed ecco, finalmente, proprio adesso,
quando son certo di essere desto,
affermo che i dubbi sono assenti;
ogni chiarezza è viva nelle mente:
sono uno degli sparsi elementi
e di fronte all’eterno come niente.
Mi salva l’arte, il mio operare,
mi salva certamente il pensiero,
parte di me e dell’universo intero.
..........................
...(Giuseppe Messina)







ASPETTA FIGLIO, TI RACCONTO LA MIA AVVENTURA
(Dedicata non solo a mio figlio, ma a tutti i giovani.)


Figliuolo senti il grande fragore
dell'onda che sbatte il paziente scoglio?
Sii una roccia al sole o al grigiore;
questo, son certo, è quello che voglio.

La vedi la schiuma che va in frammenti,
pulviscolo muto sparso dal vento?
Anche se avrai contro gli elementi,
non disperare in alcun momento.

Ricorda: ho vinto, ma tanto ho lottato,
la virulenza pur delle sirene;
sappi che vince sempre, è scontato,
chi riesce a spezzare le catene.

Aspetta figlio che riprenda fiato
e ti racconti la mia avventura.
Io che la verità ho sempre amato
non ho trovato qui buona lettura

né tanto più della gente disposta
a distribuire semi di bontà;
corrono tutti, nessuno fa sosta:
sembrano avere un'unica volontà.

Come formiche raccolgono averi.
Ho assistito a gare d'egoismo
tra ipocriti con i visi sinceri;
inganno che non ispira ottimismo.

Ora se tu permetti, figlio mio,
ti dico, e cercherò d'essere chiaro:
la massa crede in un solo dio
di cui è ingorda, e si chiama denaro.

Tu puoi fare come ho sempre fatto
per elevarmi da sì bassa scena,
e non importa di sembrare matto
a tanta gente che, in vero, fa pena.

Devi imparare a volare alto,
lottare con te stesso per capire
che tra le stelle puoi fare il salto,
che a te stesso mai devi mentire.

Ricorda: c'è chi ingrassa nel porcile
per essere scannato e saziare
i convitati di un banchetto vile,
quelli che ti vorrebbero usare.

La libertà, ricorda, è essenziale
cavallo bianco che porta lontano,
dove la verità trionfa e sale
perché ogni sforzo mai sia vano.
..................(Giuseppe Messina)





Fosse d'estate adesso,
di certo sarei colto
da ciò che io confesso
nel fissare il tuo volto:

l'onda batte lo scoglio
e tutto cuoce intorno,
io però ti voglio
pur se la spiaggia è un forno.







Ho imparato tutte le difese;
il nemico ho potuto contrastare,
ho sopportato imboscate e offese,
ma adesso mi vorrei riposare.

La mezzeria è stata attraversata,
non serviranno più corazza e spada;
rimane la bramosia incarnata
che mi accompagna sull'ultima strada.





C'è un cavaliere che mi viene incontro;
sento che sarà l'ultimo nemico
e che avrà la meglio nello scontro,
ma son tranquillo e non lo maledico.





Certo il rumore dei fiori crescenti
aiuta a valutare prezioso
il silenzio che serve a meditare
lungo il percorso insicuro e ombroso.

***

Verso L'assoluto". E' il titolo di questa mia opera (Olio su tela - cm 50 X75) del 1969 da un schizzop del 1967.



Ho atteso a lungo per giungere in cima
a quel che mi sembrava alta vetta;
eppure semba ieri dalla stima
di chi alla mia età non ha più fretta.

Il calcolo fatto, alla luce odierna,
mi dice che non son salito tanto
e il faro che vedevo, oggi, è lucerna,
quando la delusione spinge al pianto.







Terra da seminare appare il foglio,
con righe ordinate, parallele
come solchi in cui impianto ciò che voglio,
ciò che non può temer vento crudele.

Seguo l'impulso, esplicito il bisogno;
lascio con la mia arma più tagliente
il segno più reale del mio sogno,
senza ricorrere ad alcun fendente.

Non credo siano parole al vento...
quando è lo stesso vento a seminare
non sarò certo illuso poiché sento
che qualche seme potrà germogliare.




Troppi brandelli di carne,
sono volati nell'aria
sotto gli occhi inorriditi,
sotto sguardi compiaciuti.

Non si sa più cosa farne
di una fede sanguinaria,
d'ideali inauditi
e di potenti involuti.

Troppe albe si son viste
sopra popoli sconvolti;
lunga è la stagione triste
di statisti disinvolti.
...............(Giuseppe Messina)




Nei dintorni nulla appare quieto,
sono inquieti il cuore e la mente
e fischia forte il vento nel canneto.
Guardo dalla finestra a luci spente

il nulla che si perde sopra il mare
senza distinzione e orizzonte
su cui mi concedo di volare
per andare da Eolo di fronte.

Vorrei sparire lontano da tutti,
perdermi in ciò che mi è stato dato,
svanire tra il cielo e i flutti
tra tanto mito che mi ha salvato.




Quel ramo rigoglioso di mimosa,
che agli occhi si offre dal giardino,
annuncia la Persefone radiosa
sul pesco, tra l'ulivo e il grande pino.

E' giunto marzo già, tiepidamente,
e una data c'è da ricordare;
così, a ritroso, è in viaggio la mente
verso un fatto che non si può scordare.

E' indicata sopra il calendario
la data, ma... non dice ch'è funesta:
l'otto di marzo è l'anniversario
del giorno che non può dirsi di festa.

Triste è scoprire che non tutti sanno
cosa vuol dire questa ricorrenza:
ricorrenza di lutto, più che affanno,
per questo la dobbiamo ricordare.

Molti anni ormai sono passati
da quando tante donne sono morte;
oggi si danza senza più rimorsi,
senza pensare alla loro sorte.

Sono morte sul posto di lavoro,
sfruttate come schiave, quelle donne:
nell'otto marzo chi pensa più a loro?
Chi, a tale pensiero, è insonne?

Oggi son tante le iniziative,
ma quasi tutte per divertimento;
nessuno pensa alle arse vive
nella tragedia di quel momento.

Ciascuno dovrebbe avere presente
ciò che in molti hanno dimenticato;
a quelle donne, a quel sangue innocente
in tanti poco peso hanno dato.


Tra le maligne cose della vita
mi sono imposto di andare avanti,
ho voluto vincere la partita
tra ipocriti , ingrati e figuranti.

Da tanti varchi sono stato escluso,
ma l'aquila non sarà mai avvoltoio
e los ciacallo rimarra deluso
nello specchiarsi la faccia di sola
.................................(Giuseppe Messina)




Ricordi, più o meno interessanti,
trascinano la vita sulla scena,
mi permettono di andare avanti
e di scansare l'ultima sirena.

So già dove mi vorrebbe portare,
mentre la vedo che trama l'agguato;
da tanto tempo mi vuole tentare,
ma io penso ciò che sono stato.

Ricordi di una vita laboriosa
permettono di perdermi ancora
tra una... poesia e una prosa
ed ignorare il vaso di Pandora.




- TUTTO IN SEI PAROLE -


Tutto l'immenso in sei parole
sempre presenti nella mia coscienza;
un equilibrio eterno intorno al sole
dentro cui si s'immerge umana scienza.

Di certo: acqua, aria, terra, fuoco;
quattro elementi più due ancora,
odio e amore in un grave giuoco,
che ruotano fin dalla prima aurora.
.............................(Giuseppe Messina)





DONNA, FILO ROBUSTO, CORDA TRAINANTE.

Se impiantassimo pietre miliari
per quante donne hanno lasciato impronta
su tante piste con venti contrari
difficile sarebbe far la conta.
Forza potente di attrazione,
filo robusto, corda trainante,
oltre che fonte d’ispirazione,
oltre che madre, figlia sposa amante.
L’anima di tantissime avventure
sull’onda della storia ci arriva,
oltrepassando le grandi misure
dal mito a noi e nella narrativa.
Giunge la verità, giunge leggenda
di donne che i tempi hanno attraversato,
ciascuna con la propria vicenda
e tant’altro che è stato trascurato.
Un verso dopo l’altro ritmato,
onde incalzanti lungo la battigia
sono i passi che mi hanno portato
a ritornare su chiare vestigia.
sono lasciate in tempi diversi
ad attestare i grandi valori
nell’universo donna, mai persi,
in questo mondo di gioie e dolori.
Tante le donne che hanno attraversato
scene fantastiche, meravigliose
su cui il grande segno hanno lasciato,
tanto da meritare lodi e rose.
Lettere e arti hanno onorato
e navigato tra sei elementi
per cui dei misteri hanno svelato
a costo di sacrifici e lamenti.
Donna, parte di questo universo,
con tutti i pregi e le debolezze,
con ciò che ha conquistato e perso,
con le malvagità e le carezze.
Donne d’intelligenza e d’ignoranza;
donne sfruttate, vittime umiliate.
Donne deboli e donne di sostanza;
donne vendute e donne stuprate.
Saponatrici, matrigne assassine.
Tutte le scale in scendere e salire
Hanno occupato: schiave e zarine
con tante debolezze da stupire.
La donna è tutto: bontà e bellezza,
saggezza, intelligenza e castità;
è giovinezza ed è la lieve brezza
che spinge l’onda della verità.
La donna è dolcezza, è gelosia;
può esser crudeltà e gentilezza;
può esser libertà e anche follia,
perdizione oppure salvezza.
La donna è ciò che scende, ciò che sale,
è, assieme all’uomo, parte della vita
e, come lui, può essere geniale;
e, assieme a lui, gioca una partita.
Gioca e scommette di sfondare un muro,
fare una porta da attraversare
per portare la vita nel futuro,
la dimensione che non può sfidare.



BALLATA

Non c'è mancu bisògnu di pinsari,
veni sùbbutu a voglia di cantàri,
sapèndu a storia di siciliani
c'hannu statu trattàti comu cani.
Sicilia terra ricca di calùri
nascèru da to ventri i traditùri,
nuiàutri i chiamamu mafiùsi
e sunnu a virgògna di stu paìsi.
Scritta cu russu sangu è sta ballata
e di tutti avi a èssiri cantata
pi ddu lamèntu di cu mori e dici
"Non sunnu vani i me sacrifìci".
e' veru, si la sprimèmu sangu nesci
di sta terra chi nni fici e nni crisci:
sangu di tutti l'òmini sfruttàti
chi àlzanu a testa e mòrunu ammazzati.
l'amu a cantàri a tutti sti turmènti
c'hannu patùtu i povir'innucènti
pi manu di sòliti pupàri
chi nni vonnu 'mpidìri di pinsàri.
Sbigghiàmunni, picciòtti, tutti quanti,
cantàmu in coru 'nfacci di briganti,
pigghiàmunni a nostra dignità,
luttàmu pu travàgghiu a paci e a libirtà.

"BALLATA" pubblicata nel volume "PURU CHISTA E' STORIA" nel 1980, musicata da Fortunato Sindoni che l'ha inserita in un suo L P. La stessa poesia fa parte dell'atto unico "NEL SEGNO DI SOCRATE ovvero UNA STORIA CHE DEVE CAMBIARE" che ho scritto negli anni '80 ed è stato messo in scena nel 2008 da un gruppo di studenti dell'Istituto Tecnico Ettore Maiorana di Milazzo e l'anno successivo da un gruppo di studenti dell'Istituto Professionale di Stato per l'Agricoltura ed Ambiente di Barcellona Pozzo di Gotto.





Terra di Sicilia, terra amata,
non c'è bisognu di carta bullata
pi ffari cuntrattu di dedizioni
e pi dimustrari la divuzioni:
'nta l'occhi e 'nto cori l'avemu scritti
sti cosi, puru si non fussiru ditti
..........................(Giuseppe Messina)
(Dal poemetto conviviale
"Sognu di 'na nott'i capu d'annu" pubblicato nel 1994)




Giunto a questo punto mi domando
di chi dovremmo avere più paura,
e credo proprio che non sto azzardando
se penso all'uomo più che alla natura.

Ho avuto tempo per poter vedere
fenomeni disastrosi a catena
che l'uomo deve imparare a temere,
dal terremoto fino al fiume in piena.

Eventi pirotecnici maligni
che la natura sa mettere in scena,
ma credo l'uomo, con i suoi ordigni,
contro se stesso agisce senza pena.
.................................(Giuseppe Messina)





Non misuro più tristi distanze
tra luogo e luoghi dei miei ricordi;
vago da solo nelle mie stanze,
nel vuoto di affetti ormai sordi.

E' proprio infinita la distanza
tra me e chi non può più ascoltare
tranquillamente la dolce romanza.
Il tempo corre e fa valutare...

Ho perso per la strada cara gente;
il freddo tempo l'ha portata via.
Soltanto i fatti ricorda la mente
e qualche viso che ispira poesia.
...........................(Giuseppe Messina)




L'uomo stupisce: è una vera fonte,
forza in ascesa come l'aria calda,
lascia su ciò che crea le sue impronte,
scolpisce, leviga, ma spesso sfalda.

l'uomo è sovrano con la sua natura,
domina tutto e si proietta in alto,
e non lo ferma neanche la paura
di tentare nel vuoto il suo salto.

Non è di rado, ma capita spesso:
non vede il fiore più lussureggiante;
costruisce in contrasto con se stesso
nella corsa non sempre edificante.
...........................(Giuseppe Messina)



Alba sulle ginestre. Che emozione...
Sopra antico motivo, sempre nuovo
ho voglia d'intonare una canzone;
non so cantare, ma ugualmente provo.

Amore che non hai vissuto mai
sogni, desideri di cuore e mente,
non so se ho colpa, ma certo potrai
giudicare se io sono innocente.

Nonostante il tempo sia passato,
in quell'albergo di periferia
hai capito quanto ho aspettato
per regalarti pur l'anima mia.
.......................(Giuseppe Messina)



AMICI MIEI VI SEGUO


Amici miei vi seguo,
ma solo quando posso.
Con molti condivido
il salto sopra il fosso,

con altri, stranamente,
io mi soffermo poco,
eppur vorrei con tutti
accendere un gran fuoco

in cui poter buttare
scialbi cabarettisti
che, immeritatamente
la fanno da registi.

L’età di mezzeria
ormai s’è passata,
eppure c’è chi corre
a perdere giornata

e, quel ch’è peggio ancora,
a tenere lontano
interessi importanti:
il CASO del LONGANO.

Aprirei un discorso
considerato chiuso
o meglio mai aperto
da chi sembra confuso

da ciò che ha raggiunto.
E gli direi: “amico
per quello che io sono
me stesso benedico

perché non ho scordato
di fare qui ritorno.
Tu, invece, vai e vieni,
ma non ti guardi intorno.

Ormai sei vecchio
e non hai apprezzato
che qui passò la storia,
il bello del passato.

Che cosa lascerai
qui, che s’affacci al mare
su cui passò il mito,
gli dèi e gli eroi?

Ammetti amico mio
di essere arrogante:
tu hai disprezzato,
raccolto da brigante,

ma rimarrai giocato.
Afferra ciò che dico:
scordato tu sarai
- sono sicuro, amico -

Se niente lascerai.
di quanto suggerito”.
Amici miei vi seguo,
ma qualcuno di più.

Lui parla… vede e sente…
ma sa che spesso mente!!!


Libri maestri, colonne portanti // di un'impalcatura resistente // hanno permesso anche a me tra i tanti // di non viaggiare al buio a luci spente. .......................(Giuseppe Messina)

Non ho mai cercato scorciatoie // per giungere in fretta alla meta; // non ho confuso querce con sequoie // né tanto meno ho atteso la cometa. ...............................(Giuseppe Messina)

E' Cronos, immenso arato che lascia // il solco in cui cresce l'esistenza, // in cui ogni essere si accascia, // spesso, senza lasciare buona essenza. ..............................(Giuseppe Messina)

E' una corsia vuota quella in cui
dovrebbe viaggiare apprendimento;

veloci giungono momenti bui

e la superbia da fare sgomento.

...........................(Giuseppe Messina)

Vola distante l'angelo custode
del derelitto che muore di sete,

c'è pure chi travestito da prode

osserva e pensa che non gli compete.

Da questa parte tavole imbandite
mastodontiche, con ricche pietanze
per chi dimentica le altre vite,

quelle, per gli avvoltoi, negre pietanze.
......................(Giuseppe Messina)

Non volevo pensare alla morte,
ma svegliato da un sonno profondo

ritornava l'immagine forte
di quell'incubo ancora sullo sfondo.


Non volevo pensare alla morte,

ma reliquie agognanti la vita
anche oggi hanno varcato le porte
quando a pranzo nessuno l'invita.
...........................(Giuseppe Messina)

Non volevo pensare alla morte, //
ma fredda voce porta nova in casa: //
l'onda è possente della malasorte //
e la città rimane al suolo rasa. //
........................(Giuseppe Messina)


Non intendevo pensare la morte,

ma reliquie agognanti vita
anche oggi hanno varcato le porte,
quando nessuno a pranzo l'invita.
..........................(Giuseppe Messina)

No non potevo pensare la morte
quand'ero solitario a primavera
e la musa mi faceva la corte
mentre guardavo il mare e la scogliera
...............................(Giuseppe Messina)

Non intendevo pensare la morte,
ma fredda voce porta nova in casa:
l'onda è possente della malasorte,
e la città rimane al suolo rasa.
.......................(Giuseppe Messina)

Non intendevo pensare la morte,
ma svegliato da un sonno profondo
ho ripensato l'immagine forte
dell'incubo che fa ancora da sfondo.
......................(Giuseppe Messina)

Non intendevo pensare la morte,
ma il giornale non è rispettoso;
carne umana sputa il mare forte
sulla sponda dell'eterno riposo.
....................(Giuseppe Messina)

Il mio nido d'aquila,
il mio eremo-rifugio,
il museo delle mie cose
quelle care, preziose;

la mia casa preferita
dove mi viene a trovare
chi rispetta la via vita,
chi mi vuol, bene e mi segue.

Qui accolgo i miei amici,
quelli che amo davvero,
a costo di sacrifici,
per loro la porta è aperta.
................(Giuseppe Messina)

Braccio di ferro tra Socrate e inganno;
prova di forza tra il bene e il male;

specchio appannato tra il rischio e il danno:
beffa se vince l'indegno rivale.
..................................(Giuseppe Messina)



Ronzii di privilegiato sciame;
torsoli marci, secchi senza semi
e funghi velenosi per chi ha fame,
per chi è interessato ad altri fini
...................(Giuseppe Messina)


L'uomo istruito ch'è senza coraggio
per gli altri è inutile poiché credo
parla e s'ingegna per suo vantaggio
ed è egoismo che in lui intravedo.
.........................(Giuseppe Messina)

Nel dialogare con Gandhi ho appreso
che si potrebbe arrivare lontano,
certamente quanto egli avrebbe inteso,
senza mai assaltar con arma in mano.
.............................(Giuseppe Messina)

Mi guardo intorno e vedo giovinezza, in questo mondo, senza prospettiva, dove giganteggia solo monnezza e la cultura va alla deriva. .....................(Giuseppe Messina)

Sconosciuti a noi stessi brancoliamo
e ci chiediamo se stiamo in prigione;
girandola di umori ci sfuggiamo,
girando sotto lo stesso lampione.

......................(Giuseppe Messina)

Rossa calotta d’un sole si tuffa,

il buio si proietta dentro il cuore,
l’interprete di quest’opera buffa

vorrebbe l’allegria conquistare.
...........................(Giuseppe Messina)

Filosofi antichi, grandi docenti...
cassandre che han parlato inutilmente;
son voci nel deserto, ai quattro venti:
credo che oggi proprio il senno è assente!
................................(Giuseppe Messina)

Non cerco rima né verso perfetto;
voglio, un pò metaforicamente,
interpretare solo qualche aspetto
del mio animo amaro, dolente.

Parole avrei da gridare al mondo
senza pensare di sembrar demente.
Tutto mi sembra stia andando a fondo:
triste è il futuro per questo presente!

Il sangue della terra è incolore,
limpida linfa oro dissetante;
il sangue della terra è nero orrore,

utile ma invasivo, inquinante.
Liquidi per la vita e per la morte,
elementi che segnano la sorte.


L'uomo si è messo al posto di Dio e non ha messo nel conto che, schiavo della sua ingordigia, è attraversato dal tempo che lo consuma e nulla potrà portare con sé nella silenziosa eternità che lo attende.
















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